La Galleria Alberto Peola è lieta di presentare Sleep Well Childhood, prima mostra personale dell’artista Giuseppe Mulas (Alghero, 1995).
Ricordi e frammenti di vita si intrecciano in una pittura densa e stratificata che, partendo dall’infanzia, apre una narrazione rivelatrice di memorie celate tra passato e presente. Come un bambino incide segni indelebili sulle pareti di casa così l’artista imprime sulla tela un gesto che non permette modifiche e crea una storia ricca di simbolismi. Rievocazioni di un’innocente pubertà si mescolano al gioco e al sogno, alterando ed estendendo il corpo in nuove proiezioni. Nell’opera Remember me when I die una natura morta – metafora di un dominio fallocentrico – si staglia verso l’infinito specchiando il proprio essere davanti alla vastità dell’universo. La stanza e il cielo annullano i confini fra dentro e fuori e la galleria, analogamente, si trasforma in uno spazio sospeso che ripercorre il vissuto come passaggio dal buio alla luce.
Il movimento viene sottolineato da due nuclei distinti di lavori. Nel primo, opere come I’m waiting from my bathroom for the flowing night o Bleak chambers 3 richiamano momenti fisiologici, attimi intimi in cui il corpo si muove libero nel suo essere nudo e indifeso.
Quella tenera paura di macchiare le lenzuola, quella violenta incapacità di controllo e quell’attesa prima di essere scoperti si congelano nel tempo come puro pensiero. I sentimenti di imbarazzo e vergogna vengono ora astratti in dimensioni rarefatte e statiche, immortalate lungo gli anfratti della mente. Da un intenso blu di Prussia emergono i fantasmi di queste memorie che colorano le stelle della notte come in The moon is yellow like a banana. Primo di un polittico, esso introduce, insieme alle tre tele, un dialogo lirico tra fantasia e realtà e traccia momenti di silenzio tra fisicità ricercata e assenza.
La luna taciturna segue lo sguardo e richiama a sé un desiderio irraggiungibile e un bisogno di contatto. Rubata come se fosse un frutto proibito, essa perde la sua forma per divenire allegoria di una prima pulsione erotica che dolcemente culla i propri sogni. Il letto e la sedia vengono inoltre rappresentati come luoghi di piacere e come oggetti che perdono la loro funzione quotidiana, ora inscritta all’interno di un rinnovato linguaggio. Questi lavori connotano una pittura impulsiva che evita le sfumature in favore di una superficie uniforme e scura su cui l’artista affonda il suo gesto per rivelare il colore sottostante. Attraverso l’azione del mettere e del togliere, coesistono sulla tela pieni e vuoti materici che a loro volta richiamano la mancanza di qualcosa che è già stato.
Diversamente, un registro cromatico vibrante e luminoso distingue il secondo nucleo di opere di cui fanno parte There are no banana trees in my garden e I like to wear your flips-flops. Entrambe riprendono due viste angolari, la prima di una stanza e la seconda di una piscina, congiunte dall’elemento naturale in un unico ambiente ibrido e metafisico. Ananas, banane, noci di cocco e palme sono i feticci che popolano il giardino immaginifico dell’artista, utilizzati per ridicolizzare le zone erogene del corpo, ora private dell’originaria carica erotica. Curiosità e pulsioni attivate da bisogni e fantasie si riducono qui in estatiche forme dall’estro esotico che scherniscono la loro stessa natura.
Infine, la serie di disegni Chairs are crying while lonely people are dancing richiama il gioco delle sedie, un momento ludico in cui i bambini corrono e si fermano a ritmo di musica. Il girotondo assume le sembianze di un rituale che continuamente cerca una sua dimensione, un suo posto e una sua pelle da toccare. Dietro i titoli semplici e onirici si nascondono figure che giacciono come vestiti ammucchiati sui mobili, memori di un legame perduto. Complici di segreti, le curiose entità che abitano la pittura di Giuseppe Mulas sono spinte dal desiderio e, ansiose per il vuoto dell’abbandono, rifuggono lo sguardo dell’altro oscurandosi dietro magiche illusioni. Le storie si confondono e rimodellano così i ricordi dei luoghi e degli incontri che, senza cadere nel rimpianto o nel dolore, si animano di dolcezza e ironia, proprio come un frutto d'ananas dimenticato sul comodino.