Il percorso artistico di Laura Pugno, da sempre, ha avuto come tema il rapporto col paesaggio.
Per mesi l'artista si era recata in Val di Susa, nei luoghi dei lavori della Tav e delle Olimpiadi invernali del 2006, per registrare i profondi mutamenti che in corso d'opera si imprimevano al territorio, fissando sulla tela i fotogrammi della trasformazione, tracciando la memoria di scenari di breve durata, subito modificati da nuovi interventi.
Per le serie successive di lavori su dighe e miniere a cielo aperto, invece, Pugno aveva esplorato Google Earth per ridisegnarle, registrandone la collocazione planimetrica esatta, in una sorta di catalogazione di immagini che diventavano di opera in opera sempre più astratte. Non più esperienza diretta del paesaggio ma indagini virtuali di luoghi con cui l'artista ha stabilito in seguito un contatto rielaborandole e impossessandosene attraverso la pittura.
Il tempo necessario è il titolo del primo lavoro che s'incontra entrando in galleria. Il nero della parete rende specchiante un vetro appoggiato a essa; sotto il vetro si cela il disegno realistico di un paesaggio, un dato nascosto da rivelare e da far affiorare all'attesa del nostro sguardo.
In che modo vediamo il paesaggio? E quando abbiamo iniziato a vedere le montagne? Queste domande sull'essenza intima del guardare hanno portato l'artista a percorrere i sentieri attorno al Monviso. L'esperienza delle escursioni si è tradotta in una serie di disegni realizzati ad alta quota, dopo aver camminato per ore, dopo che il corpo si è fatto più vigile nei movimenti e l'azione del disegno è diventata una pratica più essenziale. Laura Pugno si è fermata a disegnare, non quello che vedeva davanti a sé ma il suo riflesso sul vetro. Anche qui il corpo, quello dell'artista, ha dovuto trovare la posizione adatta, l'inclinazione dello sguardo, la focalizzazione giusta per catturare il riflesso delle immagini e poterne fissare i contorni con un segno a pennarello. Il riflesso non è la realtà ma la sua impronta, l'impronta della luce che permette la visione a distanza del paesaggio. Attraverso i disegni Pugno evidenzia come, pur trovandosi in mezzo alla natura, quello che l'artista guarda non è la realtà ma il suo riflesso.
Un livello più introspettivo si realizza in Percorrenze, una serie di quadri che sono per l'artista il luogo dove esperire il paesaggio; il quadro non è più solo spazio bidimensionale, ma un limite a cui riferirsi per ridefinire un ordine e un nuovo confine del linguaggio pittorico e del suo processo. I suoi quadri vivono in una dimensione spaziale aperta, dove le esperienze precedenti e le immagini del paesaggio, recuperate dalla memoria, si innestano nel processo pittorico in una continua ricerca di equilibri cromatici e formali. Dipingendo immagini che la mente già conosce, Pugno lascia spazio all'immaginazione. La tecnica classica di stratificazione della pittura è sostituita dalla sovrapposizione di carte, pellicole, spray. Il vetro e il legno della cornice diventano un tutt'uno con il lavoro. Per Pugno la pittura è lo strumento per generare una continua e mai esauribile tensione verso l'osservazione e la conoscenza.