La Galleria Alberto Peola ha il piacere di organizzare la seconda mostra personale di Emily Jacir.
stazione è l'intervento che Emily Jacir ha progettato per Palestine c/o Venice, evento collaterale della 53° Biennale di Venezia, che avrebbe dovuto essere realizzato in ognuna delle ventiquattro stazioni del vaporetto della linea 1 lungo il Canal Grande, dal Lido a Piazzale Roma.
L'artista ha tradotto in arabo i nomi delle stazioni e ha progettato di accostare la traduzione al nome italiano di ogni fermata, creando in tal modo una via di trasporto bilingue attraverso la città. Le scritte arabe avrebbero posto ogni piattaforma galleggiante in dialogo diretto con l'architettura circostante e con il design urbano, stabilendo un legame tra le fermate e i vari elementi dell'eredità culturale che Venezia condivide con il mondo arabo. Il progetto prevedeva inoltre la distribuzione in città di una mappa topografica di Venezia in tre lingue - italiano arabo inglese - che illustrava le ventiquattro stazioni della linea 1 con la doppia scritta, presentava la mappa completa delle linee dei Vaporetti Vela, tradotta in arabo, e un breve testo esplicativo del senso dell'intervento.
Poco prima dell'apertura della Biennale, inaspettatamente, le autorità municipali di Venezia, che avevano autorizzato il progetto, ne hanno bloccato la realizzazione senza alcuna spiegazione. All'evento collaterale Palestine c/o Venice Jacir ha deciso alla fine di distribuire le sue mappe, in modo da lasciare il suo lavoro nelle mani delle persone e in uno spazio pubblico. Gli organizzatori di Palestine c/o Venice le hanno impedito di esporre un testo che spiegasse la cancellazione del progetto. Le è stato solo permesso di aggiungere vicino alle mappe la scritta THIS PROJECT HAS BEEN CANCELLLED.
Le architetture che si affacciano sul Canal Grande sono una visibile testimonianza dei legami che per secoli hanno unito Venezia e il mondo arabo. In tale contesto, l'intervento di Emily Jacir sulle stazioni di quel vaporetto che, unendo le rive del Canale, trasporta veneziani e turisti verso altre rive, avrebbe attivato relazioni perdute, scambi millenari dimenticati, eredità sconfessate (la soffiatura del vetro con tubo, ad esempio, è stata inventata in Palestina e il primo libro arabo in caratteri arabi è stato stampato a Venezia). Il progetto di Emily Jacir, con un'operazione semplice quanto geniale, mette contemporaneamente in evidenza che la frontiera che separa due lingue e culture, rendendole apparentemente incomunicabili, può sempre essere tradotta; che tradurre è trans-ducere da una riva all'altra del Canal Grande o del Mediterraneo; che nella barriera fra due spazi connotati differentemente, anche contrapposti, può esserci passaggio. Se i confini vengono tracciati per creare delle differenze fra una riva e l'altra, l'artista ci dice che la prospettiva del riconoscimento delle differenze e del superamento degli ostacoli che le divaricano deve essere bidirezionale: il punto di vista cambia a seconda della parte della riva cui si approda e da cui si osserva il Canale, ma subito dopo il Canale si guarda dalla stazione sull'altra riva, e il superamento del limite dell'osservazione è incluso nel percorso del viaggio.
In galleria sono esposte le fotografie del progetto stazione, che mostrano come sarebbe stata la sua realizzazione, e sono in distribuzione copie della mappa.
Le accompagna embrace, una scultura circolare costruita per sembrare un nastro trasportatore dei bagagli negli aeroporti, vuoto. La scultura è ferma ma, quando gli spettatori le si avvicinano, la loro presenza la rende attiva e la scultura comincia a muoversi, in una rotazione continua. Il suo diametro è pari all'altezza dell'artista. Tra gli altri significati che vi si possono leggere, embrace simboleggia un'attesa e rimanda all'etimologia stessa della parola embrace. Come in altre opere di Emily Jacir, anche un oggetto apparentemente neutro come embrace è il ritratto di una situazione: alludendo alle interminabili attese negli aeroporti, fa riflettere sul tipo di attesa a cui i Palestinesi sono soggetti.
Emily Jacir (1970) vive e lavora a Ramallah e New York.
Ha partecipato a numerose mostre tra cui:
Whitney Biennial 2004, New York
Non toccare la donna bianca, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino 2004
Always a Little Further, Biennale di Venezia 2005
Without Boundary: Seventeen Ways of Looking , MOMA, New York 2006
Pensa con i sensi, senti con la mente, 52° Biennale di Venezia 2007 (vincitrice del Leone d'oro under 40)
Kunstmuseum St. Gallen 2008 (mostra personale)
Guggenheim Museum, New York 2009 (mostra personale come vincitrice del Hugo Boss Prize 2008)
Palestine c/o Venice, evento collaterale della 53° Biennale di Venezia 2009