«Ogni giorno con costanza e precisione ci si prende cura del lavoro perché esso possa continuare a vivere, ad essere attivo, così come ci si prende cura di una pianta: piccoli gesti quotidiani, semplici ma esatti, non sostituibili proprio come in un rituale che non è mai ripetitivo ma è semplicemente ciò che è».
Elisabetta Di Maggio presenta nuove opere appositamente realizzate per la sua prima personale alla Galleria Alberto Peola.
La materia fondamentale del suo lavoro è il tempo in cui si sono tessute quasi tutte le sue opere. Quando l'artista, con ossessiva precisione, ritaglia e disegna il tempo che passa nei tagli del suo mai finito lavoro, regolando l'andamento di giorni e mesi, in realtà ha ritagliato e disegnato lo spazio capace ad imbrigliare la fragile percezione del proprio essere. «Non sei altro che quello che stai facendo e il lavoro è testimonianza di tutto questo», e se non abbiamo la prova del nostro esistere, emerge con angoscia il fantasma dell'annullamento e la perdita dei propri confini. Le opere di carta e sapone presentate in galleria sono il frutto del lavoro di un anno durante il quale l'artista ha cercato di catturare il tempo infinito nelle maglie del finito.
Elisabetta Di Maggio ha scelto la via della precisione, della finitezza e del rigore, proprietà che servono per scongiurare il significato del loro contrario: la paura del disordine, il pericolo dell'equivoco e l'angoscia dell'infinito. L'artista sembra essere consapevole di una perdita: quella dell'utilità del fare, dell'agire, e vi contrappone con forza e libertà la consapevole inutilità del proprio gesto, solo testimone di un attuale, necessario e programmatico disadattamento. «Questo eterno indaffararsi dell'uomo è in realtà così fragile e tragicamente inutile. In fondo il mio lavoro è frutto di un tempo lunghissimo di realizzazione, che può distruggersi in un attimo, diventando metafora di una difficoltà di stare al mondo».
Elisabetta Di Maggio è nata a Milano nel 1964. Vive e lavora a Venezia.