Per la sua seconda personale presso la Galleria Alberto Peola, John Jurayj presenta lavori tratti da tre nuove serie, tra cui un video, sculture e fotografie stampate in negativo su pergamena. In essi Jurayj continua l’esplorazione dei concetti di trauma e dislocamento.
Il titolo della mostra è una citazione tratta da un’intervista dell’artista Gerhard Richter condotta da Benjamin Buchloch.
Untitled (Beirut Ferris Wheel) è una video proiezione di immagini riprese dall’artista nel 2009, che ritraggono Jurayj e suo marito Daniel sulla famosa ruota del Luna Park di Beirut. La ruota panoramica, costruita negli anni ’50, sopravvissuta alla guerra civile, ha continuato a funzionare durante gli anni del conflitto, diventando così un simbolo di perseveranza e forza in un mondo in preda al caos. «Eravamo le uniche persone sulla ruota quel giorno – racconta Jurayj – l’hanno messa in funzione solo per noi e poi se ne sono andati, lasciandoci lì per un’ora…è stata un’esperienza al tempo stesso terrificante e bellissima». Il video utilizza inversioni e immagini speculari del girato originale, in una sorta di veloce carrellata di macchie di Rorschach, che crea un’atmosfera ipnotica e ambigua dove il mondo diventa un caleidoscopico carnevale dalla bellezza sinistra.
Le sculture, parti del progetto Untitled (Family Baggage), affrontano tematiche relative alla perdita emotiva e all’ansia pubblica, prendendo come spunto un set di valigie usato dai genitori dell’artista nei viaggi attraverso il Medio Oriente durante gli anni ’60. Realizzate utilizzando un calco degli oggetti originali riempito di gesso nero e polvere da sparo, lasciando intenzionalmente evidenti le imperfezioni nel metodo di fabbricazione, le valigie suggeriscono il passaggio del tempo e la violenza implicita nella scelta stessa dei materiali. Questi “oggetti fantasma” evocano pietre tombali o antiche rovine, proiettando un’aura che smentisce l’ottimismo proprio di un periodo di crescita e relativa calma per il Libano, prima che scoppiasse la guerra civile alla metà degli anni ’70, periodo durante il quale, grazie anche alla possibilità di viaggiare nel mondo, il ceto medio emergente ebbe la possibilità di esprimere cultura, raffinatezza, fascino.
I lavori della serie Martyrs sono ritratti di terroristi suicidi presi dai poster politici prodotti durante la guerra civile libanese. Stampati come negativi su pergamena, occupano uno spazio ambiguo tra fotografia, disegno e scultura. In essi Jurayj ripropone alcune delle tematiche e delle tecniche che caratterizzano la sua ricerca artistica, quali la distruzione dell’immagine attraverso bruciature, tagli e buchi.
John Jurayj vive e lavora a Brooklyn, NY. Insegna alla School of Visual Arts e alla Cornell University. Ha ricevuto un MFA dal Bard College nel 2005, un BFA in architettura alla Washington University, recentemente il Puffin Foundation Grant.
Le più recenti mostre personali includono Undead, Participant Inc., New York (2011); Untitled Lebanon (Fragments), The Third Line, Dubai, UAE (2011); Untitled (Undead), WalterMaciel Gallery, Los Angeles (2010); Galleria Alberto Peola, Torino; GalleriaMassimo Audiello, New York.
Tra Ie recenti collettive: Translation/Tarjama, Herbert Johnson Museum, Cornell University e Queens Museum ofArt; Noise, Sfeir-Semler Gallery, Beirut; Exposure 2009, Beirut Art Center.
Sue opere si trovano in collezioni private e pubbliche tra cui l’HirshhornMuseum of Art, British Museum of Art, Harvard’s Schwartz Collection.
Jurayj parteciperà a una mostra collettiva presso il British Museum nel 2012.