• Matheus Rocha Pitta

a cura di Francesca Comisso, Luisa Perlo (a.titolo)

Durata
23 giugno - 16 settembre 2017

Altre mostre


La mostra TAKE CARE. Esercizi di attenzione intorno a sei lajes e una stele di Matheus Rocha Pitta ha origine da un'attività di ricerca, studio e intervento conservativo su tre opere dell'artista brasiliano Matheus Rocha Pitta, tra i più interessanti protagonisti della giovane scena artistica sudamericana. La mostra prende forma negli spazi della Galleria Alberto Peola come un discorso in cui le opere funzionano da fulcro di una riflessione che indaga la reciprocità tra pratiche e poetiche, nell'intreccio tra atti creativi e curatoriali, tra conservazione e produzione.

Concepita insieme all'artista, la mostra presenta un'imponente stele e sei lajes, opere ricorrenti nella sua ricerca costituite da lastre di cemento armato di diverso formato la cui superficie incorpora ritagli di carta con immagini selezionate in giornali e riviste e conservate nel corso degli anni. Da questo personale archivio, Rocha Pitta attinge per veicolare storie, memorie e situazioni tra il passato e il presente, spesso legate al Brasile, dalle quali emerge la denuncia delle diverse forme di autoritarismo, di mistificazione dell'informazione, di sfruttamento e ingiustizia, cui si unisce una profonda adesione umana al mondo del vinti. 

Con un padre e un fratello artista, una formazione in filosofia e dieci anni come assistente degli artisti Miguel Rio Branco e Rosangela Rennò, Matheus Rocha Pitta ha eletto “la strada come proprio spazio mentale di lavoro” e ha dato all'uso di materiali comuni e “a portata di mano” quali cibo, acqua, sassi, terra, giornali e cemento, il valore di una scelta politica. Le lajes in cemento sono molto popolari in Brasile: vengono realizzate collettivamente per rivestire i tetti delle case nelle favelas o nei cimiteri poveri di Minas Gerais come copertura delle fosse: l'artista le produce colando il cemento in cassette di cartone usate per gli ortaggi nei mercati. Ricalcando le tecniche dell'auto costruzione e scegliendo di accostare il cemento con la sostanza fragile e senza valore della carta di giornale, Rocha Pitta assegna all'incongruità tra i due materiali e alla forzatura generata dal loro accostamento il valore di una violenza latente e insieme di un atto di resistenza. Le lajes, come le stele, sono infatti superfici ricettive che custodiscono tracce: le pieghe del cartone, i rilievi e le impronte di frammenti e oggetti, le immagini di cronaca sottratte al rapido consumo. Nelle due opere Laje #19 (Herzog) AP1 e Laje #19 (Herzog) AP2, prove d'autore di una serie di 12, l'artista accosta al ritaglio che mostra un apparecchio fotografico in dotazione alla polizia per le indagini, la fotografia diffusa nel '75 dal regime militare per documentare il suicidio del giornalista comunista Vladimir Herzog, arrestato, morto in carcere e riconosciuto solo nel 2012 vittima della dittatura.  A partire dal “contagio muto tra le immagini”, dal loro uso sociale e politico, Matheus Rocha Pitta sollecita l'attenzione e l'impegno di chi guarda.

Frutto di un lavoro compositivo e progettuale più lungo e meditato, le stele assumono invece un valore assertivo più che narrativo e un impatto monumentale sebbene declinato in scala umana. In For The Winners The Potatoes (2017), che ha dato il titolo alla personale al Künstlerhaus Bethanien di Berlino, l'artista cita un romanzo di Joaquim Maria Machado de Assis, Quincas Borba (it. Gioachin Borba. L'uomo o il cane?,1891), e invita a riflettere sul significato e il valore del trofeo, producendo una temporanea sovversione nella gerarchia tra vincenti e perdenti.

L'avvertenza Take Care, con la quale si è voluto dare il titolo a questa mostra, intende porre in evidenza, intorno all'esercizio dell'attenzione e alla "cura", una sorta di comunità d'intenti che comprende, qui come altrove, l'artista, il pubblico, il curatore, il restauratore, il gallerista. Alla base di questa temporanea "istituzione" vi è l'opera, che nel caso delle lajes di Matheus Rocha Pitta è espressione della perfetta simmetria tra poetica e pratica, tra contenuti, materie e tecniche, tra vulnerabilità – della memoria, della materia, dei vinti – e persistenza. Ai gesti dell'artista hanno fatto eco quelli di Sara Stoisa, giovane restauratrice che a compimento del suo percorso accademico in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali, ha   affiancato l'artista nel suo atelier e portato i processi di produzione nel cuore dei percorsi di restauro, così come i parametri per la conservazione all'origine della dinamica creativa. In occasione della conclusione della mostra, la Galleria Alberto Peola ospiterà un momento di riflessione su questi e altri temi sollevati dal progetto espositivo.  

In mostra sarà visibile un video con l'intervista all'artista realizzata da Sara Stoisa, in occasione della sua permanenza in Brasile per le ricerche finalizzate al restauro di tre lajes, oggetto del suo lavoro di tesi per la Laurea Magistrale in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali dell'Università degli Studi di Torino con il Centro Conservazione e Restauro "La Venaria Reale" (relatori prof. Sandra Vazquez e prof. Oscar Chiantore).

Nato nel 1980 a Tiradentes, in Brasile, Matheus Rocha Pitta lavora con la fotografia, la scultura, il video, l'installazione, spesso attivata con azioni del pubblico, invitato a muoversi e a collegare i diversi elementi che danno forma alle mostre. Ha esposto nel 2016 da Gluck 50 a Milano, a conclusione di una residenza nella quale ha prodotto il progetto NO HAY PAN, installazione e performance che cita uno slogan delle proteste in Spagna. Matheus Rocha Pitta ha preso parte a rassegne a carattere internazionale quali la 9th Taipei Biennial a Taiwan (2014), la 29th São Paulo Biennial in Brasile (2010) ed esposto in musei e centri d'arte come il Matadero di Madrid (2014), il Palais de Tokyo di Parigi, la Fondazione Morra Greco di Napoli, il Krannert Art Museum, in Illinois, USA (2013).

Le sue opere fanno parte delle collezioni pubbliche del Castello di Rivoli Museo d'Arte Contemporanea, della Maison Européenne de la Photographie di Parigi, del Museu de Arte Moderna de São Paulo.