La seconda personale di Gabriele Arruzzo alla Galleria Alberto Peola prende vita dal contesto in cui è organizzata: Torino, la città al centro delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Se all’arte si chiede di sollecitare uno sguardo diverso su fatti e rappresentazioni, Arruzzo sceglie di suggerire parti "in ombra", meno conosciute e non celebrate, di un fenomeno storico così complesso come il Risorgimento e di rimandare, fin dal titolo L’affossamento, a un’idea di progetto incompiuto, di rivoluzione in parte tradita.
«Affrontando questa mia nuova personale torinese, posso dire di aver ricominciato a studiare la storia come non lo facevo da tempo. Del Risorgimento sapevo le solite cose che s'imparano a scuola e le avevo prese per buone. In realtà le cose sono state molto più complesse… Il tema è impegnativo, ma quello che è interessante per me è la molteplicità degli aspetti, e la contraddittorietà tra le celebrazioni che, a Torino in modo particolare, sembrano catalizzare un orgoglio di identità nazionale, un desiderio di risveglio e di cittadinanza attiva e, d’altra parte, un atteggiamento di rinuncia a slanci ideali, di divisione e di chiusura, che tanto terreno trova nella società italiana attuale… Il "tradimento" di quegli ideali, che si ripropone sia pure in un contesto diverso anche oggi, dà l'idea di una celebrazione di un risorgimento di facciata. Si celebra un passato glorioso, che nei 150 anni così glorioso non è stato, e allo stesso tempo evitiamo confronti col presente.
Tutto e il contrario di tutto, come nella piccola stampa popolare di fine ’800 che, rappresentando l’ossimoro di un Garibaldi-Cristo, rispecchia l'Italia che sulle sue contraddizioni ha basato tanto di quella gloria di paese di "poeti, artisti, eroi, santi, pensatori, scienziati, navigatori e trasmigratori" (come scritto sulla facciata del palazzo dell'EUR a Roma) e che ora fa i conti con un presente affaticato, anziano, ripiegato su se stesso... affossato. Celebro questa Italia, proponendo una rivisitazione dello stemma della Repubblica creato nel 1948 da Paolo Paschetto, torinese.
Celebro i briganti, attraverso il ritratto di Terenzio Grossi, un bandito che all'alba dell'unità d'Italia terrorizzava le campagne e le montagne della zona di Pesaro e Urbino, le cui imprese vengono ancora raccontate dai contadini più anziani della zona con paura e rispetto per la sua scelta di opporsi all’esercito sabaudo.
Celebro la città di Torino, prima capitale d'Italia, che con i suoi aspetti luminosi e oscuri si fa magnifica e magica testimone di queste contraddizioni. Come di queste contraddizioni si fa testimone la pittura, antichissimo, glorioso ed eroico mezzo espressivo che soltanto nella vuota retorica del combinare immagini di un ideale passato trova la sua ragion d'essere».