La Galleria Alberto Peola organizza la terza personale dell'artista inglese Martin Creed presentando Ships, Sick Film e disegni.
Dall'intervista di Sarah Kent a Martin Creed, 10 novembre 2006, "TimeOut London"
In Sick Film, cosa ti ha spinto a filmare persone che vomitano?
Ultimamente sto facendo molti incontri e l'idea mi è venuta cercando di parlare del mio lavoro - tradurre sentimenti, pensieri, desideri, speranze e idee in qualcosa da mostrare agli altri. Vomitare è un buon esempio del provare a tirar fuori qualcosa da dentro. È doloroso, ma anche creare un lavoro può essere doloroso; è anche incontrollabile. Io voglio fare un lavoro che sia più simile a un vomito che a una ruminazione. Cerco sempre di controllare le cose, ma molte cose buone si trovano in momenti incontrollabili della vita. Pensare, molto spesso, può ostacolare perché ti frena e ti impedisce di esprimerti liberamente. Vomitare è una forma di espressione molto semplice; è un riflesso che bypassa il processo del pensare. Da quando ho fatto il film, sto riflettendo molto sull'atto di recitare. Io mi trovo a ripetere me stesso, perché è molto difficile fare cose nuove ogni volta. Sick Film è un tentativo di fare una cosa nuova mai fatta prima, un lavoro senza pregiudizio e senza aspettative.
Ma tu devi avere aspettative.
Lavorare senza pregiudizio e senza aspettative è un buon modo per proteggersi. Se definisci il tuo obiettivo poi sarai deluso, non lo sarai se rimuovi la speranza.
Le persone si sono preparate prima? Il ragazzo con la maglia gialla, per esempio, ha uno stomaco gonfio come se avesse bevuto molto.
Il copione era chiaro, diceva: «Vomita, fa' qualsiasi cosa hai bisogno di fare». Ho chiesto un parere medico e mi è stato detto che si sarebbe dovuto riempire lo stomaco, specialmente di liquido, che è più facile da vomitare e fa meno danno. Noi avevamo una cucina e un'area pranzo e fornivamo tutto ciò che le persone volevano, cibo birra e così via.
Con quanta precisione hai progettato il film?
L'ho fatto senza pensare cosa avrei fatto con il materiale. Ho fatto un film, piuttosto che un video, perché volevo che fosse di alta qualità e che colori e forme fossero resi bene. Lo si è visto in un cinema come un normale film, ma c'è anche una versione per la galleria, per un pubblico che si muove liberamente. Mi piace l'idea di persone che vanno e vengono. Il film è strutturato come una narrazione (il vomito diventa sempre più colorato e di sempre maggior volume) e secondo i tempi che ogni persona ha impiegato tra l'entrata in scena e il vomitare. Ho ripreso 19 persone e ne ho usate 10, perché non volevo che il film fosse troppo lungo e volevo che ognuno fosse differente dagli altri. La prima ragazza ha recitato a lungo, con una certa esagerazione. Io stavo seduto vicino alla camera a guardare, e l'ho trovato imbarazzante, un po' voyeuristico poiché, dal punto di vista della regia, non avevo nessun bisogno di essere lì.
Ho visto il trailer di Shit Film, nel quale una ragazza cammina sul set, abbassa i jeans, defeca, poi si veste e va via. Anche lì stavi a guardare?
No, era importante non stare a guardare. Mi sarebbe sembrato troppo voyeuristico poiché quello è un fatto così privato. Ho costruito un set privato e usato una camera automatica, che si accendeva e spegneva da un'altra stanza. Ma ho dovuto lottare per questo perché molti volevano guardare.
È stato difficile trovare persone che partecipassero?
Più difficile che per Sick Film, che ho realizzato a Londra soprattutto con studenti. Ho filmato Shit Film con attori a Los Angeles. L'ho fatto un anno fa, ma non ho ancora deciso che fare con il materiale. Ho bisogno di pensarci su.